Tra radicati risentimenti e nuove inquietudini, spuntano i favorevoli alla pena di morte: a sorpresa sono il 44% degli italiani.
Ma non dovevamo riscoprirci migliori in questa pandemia, uniti sotto un’unica bandiera “distanti ma uniti?”. Che fine hanno fatto i balconi?
«Una ruota quadrata che non gira». È l’immagine cupa di un sistema che «avanza a fatica» quella che emerge dal 54esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del nostro Paese.
A voler essere concisi, la pandemia ha fatto crescere la paura, diminuire la fiducia nel domani e ci ha reso più poveri. Anche emotivamente, direi.
I dati del Censis, rimandano il ritratto di un’Italia in difficoltà, spaventata, ma anche più “cattiva”. Abbiamo accettato di rinunciare a parte dei nostri diritti civili – secondo la filosofia «meglio sudditi che morti», e chiesto pene decisamente più severe per i comportamenti scorretti.
Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia il sentimento prevalente. Lo Stato è il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo. Il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni alla mobilità personale.
Il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni.
Il 77,1% chiede pene severe per chi non indossa le mascherine di protezione delle vie respiratorie, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento.
Il 76,9% è convinto che chi ha sbagliato nell’emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri, deve pagare per gli errori commessi. Il 56,6% chiede addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena.
Il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che vengano curati solo dopo, in coda agli altri) coloro che, a causa dei loro comportamenti irresponsabili, si sono ammalati. E per il 49,3% dei giovani è giusto che gli anziani vengano assistiti solo dopo di loro.
A farsi strada tra antichi risentimenti e nuove inquietudini e malcontenti, la pena di morte torna nella sfera del praticabile: quasi la metà degli italiani (il 43,7%) è favorevole alla sua introduzione nel nostro ordinamento (e il dato sale al 44,7% tra i giovani).
Un Paese della rabbia, quello che emerge e che non risparmia nessun settore: dal lavoro (dipendenti pubblici contro partite IVA) alla sanità (privata contro pubblica), senza risparmiare la scuola e l’Europa.
La scuola
Solo l’11,2% degli oltre 2.800 dirigenti scolastici intervistati dal Censis ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Nel 18% degli istituti ad aprile mancava all’appello più del 10% degli studenti. Il 53,6% dei presidi sostiene che con la didattica a distanza non si riesce a coinvolgere pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali. Il 37,4% teme di non poter realizzare progetti per il contrasto alla povertà educativa e per la prevenzione della dispersione scolastica.
L’Europa
Solo il 28% degli italiani nutre fiducia nelle istituzioni comunitarie, a fronte di una media Ue del 43%: siamo ultimi nella graduatoria europea. La percezione delle istituzioni comunitarie nell’immaginario collettivo degli italiani resta però positiva per il 31%, è negativa per il 29%. Tuttavia, il 58% degli italiani si dice insoddisfatto delle misure adottate a livello comunitario per contrastare la crisi del Covid-19 (una percentuale superiore alla media Ue: 44%).